Scheda tecnica
Regia:Roland Sejko
Produzione:Istituto Luce Cinecittà
Sceneggiatura:Roland Sejko
Fotografia:Niccolò Palomba
Montaggio:Luca Onorati
Musiche originali: Riccardo Giagni
Scenografia: Giulia Chiara Crugnola
Costumi: Sabrina Beretta
Operatore alla macchina: Niccolò Palomba
Montaggio del suono: Marco Furlani
Fonico di doppiaggio: Vieri Martelli
Fonico di mix: Roberto Cappannelli
Coloristi: Ivan Tozzi
Effetti speciali: Luigi Cammuca
Produzione esecutiva: Maura Cosenza
Sinossi
Aprile 1939. L’Italia fascista occupa l’Albania. Migliaia di operai, coloni e tecnici italiani
vengono trasferiti nel paese.
Novembre 1944, l’Albania è liberata. Il nuovo regime comunista chiude i confini e pone
all’Italia decine di condizioni per il rimpatrio dei suoi concittadini.
Nel 1945 in Albania si trovano trattenuti 27.000 italiani tra reduci e civili.
Tra di loro c’è anche un operatore cinematografico.
Alfredo C., operatore della propaganda fascista, ha girato per cinque anni l’Albania con la
sua cinepresa. Prima, per quasi un ventennio, ha immortalato la capillare macchina del
regime.
Ora, deve fare lo stesso, ma per un regime comunista.
Chiuso nel suo magazzino, circondato da migliaia di pellicole, Alfredo C. rivede su una
vecchia moviola quello che ha girato. La sua storia.
E’ il suo film quello che vediamo. E forse, non solo il suo.
Note di regia
La storia degli italiani trattenuti in Albania dal regime comunista è quasi dimenticata, coperta dalla valanga di eventi che ha travolto centinaia di migliaia di italiani in altri paesi.
La chiave per raccontare è arrivata, come spesso succede, per caso. Quando tra i documenti dell’Archivio Centrale d’Albania, in una richiesta di rimpatrio ho notato un nome che conoscevo: quello dell’operatore dell’Istituto Nazionale Luce in Albania, ora, in quelle carte, dipendente del Minculpop comunista.
La sua storia, intrecciata giocoforza con le immagini e le storie di altri, dava l’occasione per elaborare alcuni temi: l’onnipresenza e le tecniche della propaganda, l’incombenza degli eventi storici sui destini personali, la responsabilità della folla e quella dei singoli. E una riflessione sulla responsabilità – di oggi, come di ieri – di chi produce immagini, e di chi le vede.