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One more jump
Categoria PerSo Cinema Italiano

Di Emanuele Gerosa
Italia, 2019, 83’

Mercoledì 6 ottobre Cinema Zenith ore 21.30

SCHEDA FILM

Produzione: Graffiti Doc (Italy), Amka Films Productions (Switzerland), ITAR Productions (Lebanon)
In collaborazione con: RAI Cinema (Italy), RSI Radiotelevisione Svizzera (Switzerland), Oneworld DocuMakers (Italy), Aljazeera Documentary Channel (Qatar)
Con il support di: Piemonte Film Commission Piemonte (Italy), Piemonte Doc Film Fund(Italy), Trentino Film Commission (Italy), Ufficio Federale della Cultura UFC (Switzerland), Dipartimento federale dell’interno DFI (Switzerland)
Produttore: Enrica Capra
Scritto e diretto da: Emanuele Gerosa
Fotografia: Matteo Delbò
Montaggio: Nicolò Tettamanti
Music: Zeno Gabaglio
Editing Consultant: Yaël Bitton
Story Consultant: Valentina Toldo
Suono: Adriano Alampi, Mohamed J. Abu Safia
Sound Design e Mix: Tommaso Barbaro, Massimo Mariani
Foley: Agit Utlu
Sound Postproduction: Fullcode
Grading: Roberto Allegro
Online: Giorgio Mari
Assistente di Produzione: Fabrizio Allione

CAST
Abdallah Inshasi
Jehad Abo Sultan
Abdallah Al Qassab
Ibrahim Al Slout
Mousa Amer
Mohamed Zaqout
Aisha Abo Sultan
Jehad Mahmoud Abo Sultan
Mohammad Abu Odeh
Abdallah Mamoun Inshasi

SINOSSI

Jehad e Abdallah sono due ragazzi palestinesi, nati e cresciuti insieme nella Striscia di Gaza. Nel 2005 hanno fondato il Gaza Parkour Team per dare alle nuove generazioni un’alternativa alla guerra.
Dopo essere riuscito a scappare, oggi Abdallah vive in una casa abbandonata in Italia come rifugiato politico, non trova lavoro e riesce a malapena a sopravvivere. Jehad è ancora intrappolato nella Striscia, si prende cura dei genitori malati e guida da solo la squadra, nella terribile situazione politica di Gaza. Non si parlano ormai da anni: Jehad non ha mai perdonato Abdallah per averlo lasciato indietro. Nonostante la sua scarsa forma, come tentativo disperato di realizzare il suo sogno, Abdallah decide di partecipare a una competizione internazionale di parkour. Jehad capisce che non c’è futuro nella Striscia e chiede un visto per cambiare il suo destino. La loro amicizia è stata spezzata dalle scelte passate, ciò nonostante i loro destini si rispecchiano l’uno nell’altro. Oggi più che mai devono scoprire se esista la strada che conduce alla libertà chi, come loro, è nato in una prigione.

Note di Regia

Nel film voglio concentrare l’attenzione e raccontare le due diverse e opposte prospettive che ci sono tra Jehad a Gaza, e Abdallah in Italia; i loro destini sono profondamente intrecciati e nonostante la distanza, questi due mondi e le loro storie che corrono in parallelo, si riflettono l’una nell’altra, come di fronte ad uno specchio.
Jehad e con lui gli altri ragazzi di Gaza, sognano di avere la loro grande opportunità per potersene finalmente andare dalla Striscia e divenire degli uomini liberi; sono fisicamente molto ben allenati ma non sono minimamente preparati per il grande salto verso un’altra vita fuori da Gaza. Non conoscono e non hanno mai visto nulla del mondo al di fuori dei quarantadue chilometri della Striscia.
Abdallah ha già compiuto il salto verso la “terra promessa” e oggi sa bene che vivere in Europa porta con sé un pesante prezzo da pagare; si è scontrato contro la realtà di vivere come un rifugiato in una terra straniera e quello che sente più di tutto è di aver perso tutto ciò che per lui contava, la sua famiglia, i suoi amici, la sua cultura, in definitiva il senso di appartenenza.
Le storie di Jehad e Abdallah rappresentano in ultima definitiva il dramma di una generazione di giovani e di un popolo intero, che è stato privato del proprio paese e la cui stessa esistenza è minacciata. I Palestinesi e in particolare i palestinesi della Striscia di Gaza sono costretti a vivere come “stranieri” nella propria terra. Molti desiderano andarsene per poter avere un futuro diverso, seppur consapevoli che una volta fuori, non potranno mai più fare ritorno a casa, ma la loro condizione di “stranieri in patria”, fa sì che siano condannati a restare per sempre “stranieri” dovunque essi siano.
Con questo film e attraverso le storie di Abdallah e Jehad, vorrei porre delle domande su cosa significhi libertà, per un popolo di persone nato e cresciuto in una prigione, come è la Striscia di Gaza.
Vorrei usare il parkour come una metafora visiva della condizione in cui questi ragazzi vivono; Il parkour è la disciplina e l’arte di superare ogni tipo di ostacolo attraverso la corsa, o salti o l’uso di manovre acrobatiche e sembra esserci un collegamento simbolico molto forte, tra il parkour e la realtà che le persone affrontano ogni giorno nella Striscia di Gaza; questo sport rappresenta un’allegoria crudele e ironica della vita stessa nella Striscia.
Infatti, a Gaza, gli ostacoli e le barriere sono ovunque e superare ostacoli è parte della vita quotidiana per i giovani ragazzi della Striscia sin da quando sono nati. I ragazzi del Gaza Parkour Team appartengono alla quarta generazione di palestinesi ad essere cresciuta imprigionata in una terra devastata da una guerra senza fine e dall’occupazione israeliana; portano dentro i desideri e le frustrazioni di tutte le generazioni che li hanno preceduti. Per loro sfidare il pericolo con salti ogni giorno più alti, rappresenta il modo di riappropriarsi della terra in cui sono stati relegati, recuperare la libertà che da sempre è stata loro negata e mantenere viva la speranza in un futuro migliore.
Ogni giorno si cimenntano in acrobazie sempre più pericolose, sfidando in maniera simbolica le barriere della realtà in cui sono nati, ma per quanto insistano, falliscano, riprovino o riescano ad eseguire un’evoluzione, quel muro che li separa dal mondo esterno, è sempre là, invalicabile. Eppure nel momento in cui volano sospesi in aria, grazie alla padronanza dei movimenti del loro corpo, la realtà scompare e, anche solo se per pochi attimi, riescono a sentirsi finalmente liberi.
Non è mia intenzione fare un film “politico”, ma la guerra e l’assedio israeliano permeano a tal punto la vita di Gaza e dei palestinesi che vivono all’estero, che questi elementi saranno costantemente presenti. Voglio però che questi elementi entrino nel film sempre attraverso le storie dei suoi protagonisti. La guerra sarà mostrata chiaramente attraverso le immagini dei luoghi in cui vivono e si allenano i ragazzi a Gaza. Le case crivellate di colpi, gli edifici logori e semi distrutti, le insegne dei soldati e martiri di Hamas che si vedono ad ogni incrocio, ed infine, il muro che come un enorme recinto, separa Gaza e la sua gente, dal resto del mondo. La situazione di tensione e di minaccia, diventerà più chiara attraverso il rumore dei droni e dei caccia militari israeliani che attraversano il cielo di Gaza e attraverso la violenza usata dai militari israeliani durante le manifestazioni che si svolgono ogni venerdì lungo il confine.
Attraverso tutti questi elementi vorrei rendere palpabile la tragedia dell’assedio soffocante e della guerra incostante e onnipresente che la popolazione palestinese vive sulla propria pelle ogni giorno, da decenni.

Emanuele Gerosa

Emanuele Gerosa è nato nel 1975 a Rovereto in Italia; nel 2001 si laurea in Storia Contemporanea presso l’Università di Bologna e lo stesso anno comincia a lavorare come filmmaker. Attualmente vive a Rovereto in Italia. Nel 2008 comincia a collaborare con una ONG italiana per dirigere il primo e il secondo medio-metraggio documentario. Il primo dal titolo Kamenge Northern Quarters completato nel 2010 e il secondo dal titolo Lion Souls completato nel 2012. Entrambi i film sono stati selezionati in numerosi film festival vincendo alcuni premi: “Silver Audience Award” al 15° Amnesty International Film Festival (2010 – Canada), “Best Documentary Production” al 26° Black International Cinema Berlin (2011 – Germania), “Best Medium-Length Documentary” al 7° Montreal International Black Film Festival (2011 – Canada), “Jury Prize in the Documentaries Competition” al 16° Ismailia International Film Festival (2013 – Egitto).
Nel 2015 finisce il suo primo lungometraggio documentario dal titolo Between Sisters. Il film è stato selezionato in numerosi film festival e ha ricevuto vari premi: “Cinema AMoRe” al 64° Trento Film Festival (2016 – Italia), “Best Film” al 18° Ismailia International Film Festival (2016 – Egitto), “Best Film” dato dalla EFCA – Associazione Critici Cinematografici Egiziani (2016 – Egitto), “Special Mention” al 61° Seminci – Semana Internacional de Cine de Valladolid (2016 – Spagna) e “Special Mention Audio Visual Discovery” al Prix Scam 2017 dato dalla Società degli Autori Francesi (2017 – Francia).
Nel 2019 Emanuele completa il suo nuovo film documentario con il titolo One More Jump. Il film è stato selezionato in numerosi film festival e ha ricevuto vari premi: Cinema AMoRe al 68° Trento Film Festival (2020 – Italia), “Prize of the Russian Guild of Film Critics” al 16° Kazan International Film Festival (2020 – Russia), “Special Mention” al 14° SalinDocFest (2020 – Italia), “PRIX EUROPA Best European TV Documentary of the Year 2020” al 34° Prix Europa (2020 – Germania), ”Prix des Jeunes de la Méditerranée”, ”Prix Première Oeuvre” e ”Prix à la diffusion 2M (Maroc)” al 24º PriMed – International Festival of Mediterranean Documentary & Reportage (2020 – Francia), “Honorable Mention” al 10º International Film Maker Festival of New York (2021 – USA), “Étoiles de la Scam” al 40º Prix Scam 2021 (2021 – Francia), “Special Mention” al 22° Ismailia International Film Festival (2016 – Egitto).
Durante gli ultimi anni Emanuele ha preso parte a numerosi festival di cinema e documentario come membro della giuria: Festival Cinema Zero (Italia – 2016), Ismailia International Film Festival (Egitto – 2017), Aswan International Women Film Festival (Egitto – 2018), Kazan International Festival of Muslim Cinema (Russia – 2018), Seminci – Semana Internacional de Cine de Valladolid (Spagna – 2018) e AWFF – Almeria Western Film Festival (Spagna – 2019).